Il Velabro, dove il Tevere consegnò la cesta con Romolo e Remo

Velabro - (c) Mauro Monti

Oltre che uno dei luoghi più suggestivi di Roma, il Velabro è anche profondamente legato alla nascita stessa della città eterna. Qui si affaccia la chiesa di San Giorgio, l’arco di Giano e quello degli Argentari, e in lontananza i due templi di Portunus ed Ercole Vincitore.

E a proposito di mitologia, proprio qui secondo la tradizione venne trovata la cesta con Romolo e Remo, in una palude che al tempo era grande come un lago: il Lacus Curtius. Per la bonifica, fu necessaria la costruzione di una grande opera di ingegneria: la Cloaca Massima che sfocia ancora oggi nel Tevere all’altezza del ponte Palatino.

Velabro - (c) Mauro Monti

Il possente Arco di Giano dava riparo ai mercanti del Foro Boario e ai banchieri del tempo, quegli Argentari che finanziarono la costruzione del piccolo arco addossato alla chiesa di San Giorgio. Un arco dedicato all’imperatore Settimio Severo, sua moglie Giulia Domna, i figli Geta e Caracalla, e la moglie e il suocero di quest’ultimo. Una immagine familiare distrutta dalla sete di potere: Caracalla, infatti, si liberò di tutti quelli che avrebbero potuto mettersi in mezzo tra lui e il trono. Li uccise tutti e le immagini delle vittime furono scalpellate dall’arco dopo la condanna della damnatio memoriae.

Velabro - (c) Mauro Monti

All’arco è legata anche una leggenda, nata nel Medioevo, di un tesoro nascosto. Si narra infatti che un Goto lesse in un antico volume riferito proprio all’arco degli Argentari: “Tra la vacca e il toro, troverai un gran tesoro”. E allora, dopo l’autorizzazione richiesta al Papa del tempo, Pio IV, armato di martello e scalpello si mise alla ricerca, inutilmente, delle favolose ricchezze. Il fatto lo raccontò anche il Belli nel secondo dei quattro sonetti dedicati a Campo Vaccino, del 25 agosto 1830.

A San Giorgio, il Perseo cristiano, raffigurato a cavallo, armato di lancia e di scudo, mentre combatte contro un drago per liberare una giovane e bellissima donna piangente, nel 682 papa Leone II eresse questa chiesa, una piccola basilica a tre navate divise da sedici colonne. Qui Cola di Rienzo presiedeva le funzioni religiose come rappresentante del Comune. Sotto l’altare maggiore è conservata la reliquia di metà della testa del santo. Nel XIII secolo fu costruito il campanile romanico a quattro piani di trifore e il portico che nel 1993 fu fatto saltare in aria da un attentato terroristico e mirabilmente ricostruito.

Mauro Monti

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