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Il Pincio maschilista: solo 3 donne su 228 busti

Busti del Pincio - (c) Mauro Monti

Il Pincio maschilista: solo 3 donne su 228 busti

Il giardino del Pincio fu uno dei pochi progetti avviati dall’amministrazione francese durante l’occupazione delle truppe napoleoniche, portato a termine dal Papato.  La vecchia casa colonica del XVI secolo fu trasformata in un elegante caffè in stile neoclassico: la Casina Valadier e in quei viali, subito molto amati dai romani del tempo, papa Pio VII, nel 1822, fece sistemare l’obelisco risalente al II secolo d.C. che fino ad allora si trovava in Vaticano, nel Cortile della Pigna. E i famosi busti, direte voi? E qui entra in scena la Repubblica Romana (1849): per aiutare economicamente i molti artisti disoccupati che vivevano a Roma, la nuova amministrazione commissionò la realizzazione di 52 busti di personalità italiane di spicco, proprio per i giardini del Pincio.

Ma quando il papa, dopo pochi mesi, tornò a governare Roma, solo alcuni di quei busti furono collocati in sede, gli altri vennero portati alla Casina Valadier e messi in cantina.

Nel 1851, Pio IX decise di utilizzare anche quelli che erano stati accantonati, ma solo dopo un’accurata censura, che trasformò, per esempio, Giacomo Leopardi nel pittore dell’antichità Zeusi, o Niccolò Machiavelli in Archimede o ancora Girolamo Savonarola in Guido d’Arezzo, l’inventore del pentagramma musicale.               

Con la caduta dello Stato Pontificio (1870), molti dei personaggi che erano stati rimpiazzati per motivi politici o ideologici trovarono spazio tra i viali del giardino e altri, successivamente, entrarono a far parte di questa galleria di glorie nazionali. Gli ultimi (Vittorio Emanuele Orlando, Lorenzo Perosi) risalgono alla metà degli anni ’50.

Attualmente sono raffigurate 228 personalità, ma tra questi, incredibilmente, solo 3 donne: Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia, Vittoria Colonna, nobildonna e poetessa della prima metà del ‘500, e Grazia Deledda, Premio Nobel per la letteratura nel 1926.        

Così Cesare Pascarella – anche lui presente tra i viali del parco – descrisse nella “Scoperta dell’America” questa illustre collezione:

«Qui Tasso, Metastasio, Raffaello! / […] / Michelangelo, er Dante, Machiavello. / Ma poi non serve mo’ che t’incomincio / a dilli tutti: tu, si te l’aggiusti / tutti st’ommini qui, vattene ar Pincio. / E lì mica hai da fa tanti misteri: / ché quelli busti, prima d’esse busti / so’ stati tutti quanti omini veri».            

Ommini veri, ma solo ommini, e allora perché non pensare a porre rimedio a questo squilibrio realizzando nuovi busti, questa volta esclusivamente femminili? Magari coinvolgendo nella scelta dei nomi le scuole della Capitale e scegliendo l’8 marzo come data delle nuove istallazioni, arricchendo così anno dopo anno la collezione dei busti del Pincio con il ricordo di donne che hanno contribuito a dare lustro al nostro paese.

Mauro Monti
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