1890, Buffalo Bill a Roma. Con gli indiani da papa Leone XIII

Dalle praterie del selvaggio West fino ai Prati di Castello: nel 1890 giunse a Roma con il suo spettacolo itinerante una vera leggenda americana: Buffalo Bill. William Frederick Cody, questo il suo vero nome, ex soldato del Settimo Cavalleggeri nella guerra di secessione americana, già guida per l’esercito e la Pacific Railway, ed ex cacciatore di bisonti, da cui il soprannome, era ormai l’impresario di uno spettacolo con il quale girava il mondo intero: il ”Buffalo Bill Wild West Show”.

La carovana arrivò a Roma nel febbraio del 1890 a bordo di 4 treni speciali, per un totale di 51 vagoni, sui quali viaggiavano centinaia di persone, bufali, cavalli e un’enorme attrezzatura. L’area scelta per ospitare l’accampamento fu quella dei Prati di Castello, all’epoca una grande piazza verde utilizzata fino ad allora per le esercitazioni militari.

Il primo spettacolo ebbe luogo il 20 febbraio alle 2,30 del pomeriggio di fronte ad un’enorme folla. L’arena a forma di ferro di cavallo poteva contenere 5.000 persone e il biglietto d’ingresso costava cinque lire, una cifra altissima per quei tempi. Ma accorrevano tutti, senza distinzione di ceto, incuriositi da un bombardamento pubblicitario mai visto a quel tempo; manifesti, volantini, inserzioni sui giornali: era il primo esempio importato in Italia di Show business.

E quale migliore pubblicità per Buffalo Bill di farsi ricevere in udienza privata da Papa Leone XIII, in occasione dell’anniversario della sua incoronazione? Ma la richiesta venne respinta perché la Compagnia era troppo numerosa; venne concessa, però, la possibilità a Buffalo Bill e a pochi membri del Wild West Show di presenziare al passaggio del Papa nella Sala Ducale. Era il 3 marzo 1890.

Quel primo incontro tra i nativi nordamericani e il successore di Pietro, seguiva due altri contatti avuti in precedenza: due missive, infatti, qualche anno prima furono spedite dall’America proprio a Leone XIII.

In una di queste, scritta il 13 marzo 1885: il capo di una tribù di indiani del Nord America, chiese al Papa la canonizzazione di Caterina Tekakwita, indiana anch’essa, affinché diventasse la loro protettrice. Una richiesta che per essere esaudita, però, ha dovuto aspettare fino ai giorni nostri: venne infatti beatificata il 22 giugno 1980 da papa Giovanni Paolo II e canonizzata da Benedetto XVI il 21 ottobre 2012.

E dunque quel 3 marzo 1890, in mezzo alla più antica aristocrazia romana, un gruppo di indiani con le facce dipinte, coperti di piume e di armi, salutò il passaggio del Papa con le loro tipiche urla; il pontefice, sorpreso da un’accoglienza così insolita, dopo un attimo di titubanza, sorrise e benedì quegli ospiti così insoliti, che quasi si prostrarono a terra.

Nel raccontare successivamente la sua esperienza romana, Buffalo Bill disse che non aveva voluto si togliesse alle selle e ai finimenti dei suoi cavalli la melma, che vi si era attaccata negli ultimi giorni, molto piovosi, poiché voleva portare in America anche il fango romano, come ricordo di quella antica ed eterna città.

Il suo girovagare intorno al mondo finì nel 1913 e quattro anni dopo morì. Era il 10 gennaio del 1917. Nel pomeriggio del giorno precedente, padre Christopher Walsh, della cattedrale dell’Immacolata Concezione di Denver, città dove Francesca Cabrini aveva fondato orfanotrofi, lo battezzò. Una conversione tardiva, forse maturata frequentando i suoi compagni indiani, in buona parte cattolici, o chissà, nata durante il soggiorno romano, quando il suo sguardo da cow boy incrociò quello del papa.

Mauro Monti

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